Francesco Tristano

Pianista

Nella primavera del 1928, il compositore George Gershwin visitò Parigi per la prima volta e incontrò alcuni dei compositori più stimati del movimento modernista europeo. Gli è capitato di incrociare la strada di Alban Berg – che ormai aveva iniziato il suo cammino verso il dodecafonismo – e non è riuscito a reprimere un leggero complesso di inferiorità di fronte a uno dei suoi idoli. Gershwin, che aveva invaso i teatri di Broadway con le sue canzoni popolari, si sentiva un artista minore accanto a un rivoluzionario dell’avanguardia europea. Ma Berg trovò il modo di rassicurarlo con queste parole: “Mr. Gershwin, la musica è musica.” Vale a dire, che sia colta o di massa, la musica è parte dello stesso fiume sonoro: universale, una e indivisibile.

Il pianista lussemburghese Francesco Tristano potrebbe facilmente fare propria l’affermazione di Berg poiché spiega in modo così chiaro e semplice le sue aspirazioni musicali come compositore, interprete e produttore, lavorando contemporaneamente in aree tanto disparate quanto complementari. Tristano gira il mondo eseguendo il repertorio barocco e contemporaneo; registra brani dance per etichette di musica elettronica pur continuando con il suo ambizioso progetto di registrare tutto il repertorio pianistico di Johann Sebastian Bach; e realizza album intessuti delle sue storie personali in cui esplora la sensibilità e la ricchezza tonale del pianoforte.

Il suo fascino simultaneo per i toni puliti di Bach e la pulsazione ritmica della techno; il suo interesse per lo studio complesso del rumore, degli effetti e dei timbri compiuto da compositori come Cage o Ligeti; e la necessità di esplorare la propria immaginazione attraverso album come Idiosynkrasia (2010) o il recente Tokyo Stories (2019), possono essere fatti risalire al periodo in cui era studente alla Juilliard School di New York. Facendo parte di quella ribelle fazione di studenti che, dopo aver trascorso l’intera giornata studiando libri di testo di teoria musicale ed esercitandosi al pianoforte, usavano le ultime ore di veglia esplorando la scena techno della città, scoprì l’esportazione più ipnotica di Detroit, ballando sulle note del leggendario Danny Tenaglia. sessioni al Twilo e capì che la musica elettronica suscitava il tipo di estasi che si adattava alla sua idea di musica, un luogo senza barriere di stile e tempo.

Alla Juilliard, Francesco pose le basi delle sue ambizioni come interprete della musica di Bach: suonò e registrò i Concerti per pianoforte con il suo ensemble The New Bach Players, oltre a registrare le Variazioni Goldberg (che si trovano sulla piccola etichetta Accord) sul suo Proprio. Poco dopo, firmò un contratto con l’etichetta francese Infiné, dove pubblicò i suoi primi dischi unendo elettronica e pianoforte: Not for Piano (2007), dove creò versioni di inni techno come The Bells di Jeff Mills o Strings of Life di Derrick May sul piano; Auricle Bio On (2008), dove il pianoforte è concepito come un campionatore; e Idiosynkrasia (2010), in cui unisce perfettamente il suo virtuosismo sui tasti e la sua abilità di programmazione, perfezionando il suo concetto di “Piano 2.0”, dove lo strumento raggiunge una nuova iterazione strutturale attraverso l’uso dei computer.

Il grande salto di Tristano avviene nel 2011, quando firma un contratto con la Deutsche Grammophon, con la quale registra tre programmi ispirati alla sua ascesa come concertista di fama internazionale. Il primo è stato Bach/Cage (2011) – un’esplorazione dello spazio sonoro in cui la musica di Johann Sebastian Bach e John Cage coesistevano nonostante una distanza di tre secoli: la punteggiatura delle emozioni e la ricerca di trame insolite. Registrato nei Planet E Studios di Detroit – punto di riferimento per la techno contemporanea – Bach/Cage tenta di creare una nuova sonorità per entrambi i compositori partendo dall’uso acustico dello spazio. Un anno dopo, è tornato con Bach on Long Walk (2012), un altro programma in cui l’aneddoto del giovane compositore che intraprende un viaggio a piedi lungo 300 km per incontrare l’organista danese Dietricht Buxtehude serve come scusa per riportare alla luce brani dimenticati di Buxtehude e suonarli al pianoforte per la prima volta nella storia. Nel suo terzo disco per la Deutsche Grammophon, Scandale (2014), che ha registrato con Alice Sara Ott, il programma era basato su interpretazioni per pianoforte di brani composti da Maurice Ravel, Nikolai Rimsky-Korsakov e Igor Stravinsky per il leggendario (e alcuni potrebbero diciamo controverso) Balletti russi.

Scandale si è concluso con il pezzo di Tristano, A Soft Shell Groove, che ha riunito due momenti in cui la musica dance era l’avanguardia: il modernismo europeo all’inizio del secolo e la nascita della techno nella Detroit degli anni ’80. L’ispirazione per questo brano è venuta contemporaneamente da Stravinsky e Derrick May, con i quali avrebbe collaborato un paio di anni dopo al suo album techno Surface Tension (2016). È quello spirito trasgressivo e moderno che ha portato Tristano a lavorare su progetti puramente ballabili come Aufgang o le sue collaborazioni con l’etichetta tedesca Get Physical.

Nel 2017, Francesco Tristano ha iniziato la sua collaborazione con Sony Classical, concentrando i suoi sforzi sulla pubblicazione del proprio lavoro in una nuova fase come artista discografico. Mentre era ancora in tournée per il mondo sia come pianista che come artista elettronico, esibendosi in sale da concerto e festival di musica sperimentale e dance, è tornato al pianoforte come strumento di creazione in Piano Circle Songs (2017), una raccolta di canzoni che evocano il suo interesse per i compositori impressionisti francesi. Nel suo album più recente, Tokyo Stories (2019), rende omaggio al Giappone e cattura le atmosfere e le esperienze accumulate negli anni visitando il Paese come artista e immergendosi nella sua cultura.

E ancora, sul bordo dell’orizzonte, continua a prendere forma il grande progetto di vita di Francesco Tristano, quello che non abbandonerà mai: incidere l’intero repertorio di Johann Sebastian Bach. Come ha detto Berg, “la musica è musica”, e Bach sarà sempre lì perché è stato l’unico creatore a trascenderla.

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